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Perché sono aumentati i costi dei prestiti al consumo negli ultimi due anni

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Negli ultimi due anni chi ha richiesto un prestito al consumo si è trovato davanti a una realtà difficile da digerire: i valori di TAN e TAEG sono praticamente raddoppiati rispetto al passato. Molti consumatori si sono chiesti come sia possibile che il costo di un finanziamento sia cresciuto così rapidamente, soprattutto considerando che i tassi della Banca Centrale Europea non hanno subito aumenti proporzionati. La spiegazione, però, non va cercata solo nella politica monetaria, ma in un insieme di fattori che hanno inciso in modo deciso sul costo finale del credito.

TAN, TAEG e tassi BCE: una differenza da capire

Per prima cosa è importante distinguere tra i diversi indicatori. Il tasso BCE rappresenta il costo al quale le banche possono ottenere liquidità direttamente dalla Banca Centrale Europea. È quindi un tasso “all’ingrosso”, che non corrisponde mai a quello applicato ai clienti finali.
Il TAN (Tasso Annuo Nominale) indica invece la quota di interesse puro applicata al prestito, mentre il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) comprende anche tutte le spese accessorie: istruttoria, gestione pratica, incassi delle rate, assicurazioni obbligatorie e così via. Proprio questo insieme di costi extra è il responsabile principale dell’impennata registrata negli ultimi anni.

L’aumento del costo del rischio

Dal 2022 in avanti, complice la crisi energetica, la guerra in Ucraina e l’inflazione, le banche hanno rivisto al rialzo la percezione del rischio legato al credito. Con famiglie e imprese più fragili, la probabilità di insolvenza è aumentata, e per compensare questo rischio gli istituti hanno alzato lo spread sui prestiti. In poche parole, anche se il costo del denaro in sé non è salito in misura drammatica, le banche hanno deciso di applicare un margine più ampio per tutelarsi.

Normative più stringenti e costi interni

A incidere ci sono anche le nuove regole di vigilanza. Con l’applicazione delle normative di Basilea III e IV, gli istituti di credito devono accantonare più capitale per ogni prestito concesso. Ciò significa avere meno risorse disponibili per il credito al consumo e, di conseguenza, rendere ogni finanziamento più caro.
A questo si aggiunge un aumento dei costi interni delle banche: digitalizzazione, sicurezza informatica, compliance normativa e gestione operativa sono voci di spesa in forte crescita. Anche questi costi finiscono inevitabilmente per essere scaricati sui clienti finali.

Il peso crescente delle spese accessorie

Il TAEG, lo ricordiamo, non misura solo il tasso d’interesse, ma include anche le spese accessorie. Negli ultimi anni queste spese hanno assunto un peso sempre più rilevante. Basta pensare alle assicurazioni collegate al credito, spesso obbligatorie, o ai costi di apertura e gestione delle pratiche. In un contesto in cui gli interessi erano relativamente bassi, queste spese hanno fatto impennare il TAEG ben oltre il raddoppio rispetto a pochi anni fa.

Meno concorrenza e più “cupidigia”

Un altro elemento da non trascurare è la progressiva riduzione della concorrenza tra banche e finanziarie. Molti operatori hanno ridotto le offerte di credito ai privati, preferendo concentrarsi su settori più redditizi e meno rischiosi. Questo ha lasciato ai consumatori meno alternative reali, permettendo agli istituti rimasti di applicare condizioni più onerose senza temere di perdere troppi clienti.
Qui entra in gioco anche un fattore meno tecnico ma altrettanto concreto: la cupidigia. In un momento storico di incertezza, molte banche hanno visto nei prestiti al consumo un’opportunità per aumentare i margini di guadagno, alzando non solo i costi giustificabili ma anche quelli dettati semplicemente dalla logica del profitto.

Conclusioni

L’aumento dei costi dei prestiti al consumo negli ultimi due anni non può essere spiegato solo con l’andamento dei tassi ufficiali della BCE. A pesare sono stati soprattutto fattori esterni: maggiore percezione del rischio, normative più rigide, costi interni in crescita e, non da ultimo, una certa spinta delle banche a incrementare i propri profitti a scapito dei consumatori.
Per i cittadini, questo significa che oggi accendere un prestito è più costoso non tanto perché “i soldi costano di più”, ma perché l’intero sistema bancario ha deciso di far pagare di più per accedere al credito. Una realtà che solleva domande non solo economiche, ma anche etiche: fino a che punto è legittimo che il rischio e i costi di gestione vengano trasferiti quasi interamente sul consumatore finale?

Da oltre 30 anni mi occupo di informatica. La mia è sempre stata una passione che mi ha portato ad accettare ogni nuova sfida, come una nuova vetta da conquistare.

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